Una donna di 44 anni, attrice famosa, bella, ricca, con una figlia, desidera un altro figlio, ma data l’età il medico le sconsiglia di affrontare una seconda gravidanza e il conseguente cesareo, pertanto ritiene che ricorrere alla maternità surrogata sia “il modo più sicuro per me per diventare di nuovo mamma”.
Non vuole essere giudicata per questo, nel privato – dice – “nessuno dovrebbe mettere bocca” e afferma che “sono donne generose, quelle che si prestano a un atto che immagino devastante. La mia per me è come Madre Teresa di Calcutta”.
Eppure c’è qualcosa che stona…
La generosità, infatti, quando si parla di maternità surrogata non esiste perché il tutto è regolato da un contratto in cui un committente compra pagandolo il corpo del commissionario prevedendo, inoltre, alcune clausole molto precise che vanno dalle più “semplici” come attenersi ad uno stile di vita sano, alle più “difficili” come ricorrere all’interruzione di gravidanza nel caso il prodotto sia difettoso e presenti anomalie (o anche all’eutanasia se il prodotto non è conforme ai desiderata).
E’ vero, non bisogna giudicare, ma pensare è ancora lecito e penso che essere consenzienti a stipulare un contratto di lavoro di questo tipo non sia generosità. Generosità è: la nobiltà d’animo che si manifesta soprattutto come altruismo, disinteresse, prontezza al sacrificio e al perdono (fonte: vocabolario della lingua italiana) e se viene a mancare anche una sola di queste caratteristiche non vi può essere generosità vera.
C’è un’altra nota stonata in questa storia e coinvolge la primogenita a cui è stata negata l’esperienza di vivere l’arrivo del fratello (o sorella) fin dal principio, vedendo il ventre della madre ingrossarsi, sentirne i movimenti appoggiandovi la sua manina, partecipare realmente ad un evento unico. Avevo 8 anni quando, finalmente, ebbi un fratellino. Mi ricordo ancora l’emozione che provavo nel sentire i calcetti che mio fratello dava a mia madre nella pancia: accostavo il mio orecchio, carezzavo con la mano per cercare di afferrare le sue mani e quando il ginecologo mi fece assistere ad una delle ultime ecografie il mio piccolo cuore di bambina “comprese” il miracolo della vita. E, da mamma, ho avuto la gioia di rendere partecipe la mia primogenita dell’avvento del fratello: una bambina di 4 anni che parlava con lui/lei (era una sorpresa) attraverso la pancia, ci riempiva di baci ed attenzioni, ci sorprendeva con le sue tenere affermazioni.
A questa bambina, invece, è stata raccontata una “favola” seppur bellissima: “un angelo con ali invisibili si stava occupando della sorellina, e l’avrebbe portata presto a casa” – come dire… è nata sotto un cavolo? – Ah no, sulle nuvole! L’attrice, infatti, afferma: “Dio mi ha mandato questa bambina e io l’ho ricevuta. Se non l’avessi voluta, non sarebbe arrivata tra le mie braccia. Sienna May è più grande di me, di noi. Appartiene all’universo”.
A chi appartengono veramente questi bambini? Non hanno forse 3 madri? La donna che si è sottoposta a bombardamenti ormonali per “donare” l’ovulo (spesso costrette dalla povertà), colei con cui ha avuto un interscambio fisico ed emozionale durante 9 mesi (è scientificamente risaputo che il legame avvenuto durante la gestazione lascia segni indelebili nella madre e nel bambino) e chi ha deciso di averla in questo modo. E il padre? Chi è? Anch’egli un anonimo “donatore”? Quanta generosità!
Ecco, cara Ellen e care anonime donne che avete venduto il vostro corpo per una falsa idea di autodeterminazione, in quella ultima frase – seppur molto velata – c’è la verità: tutti nasciamo da una mamma e da un papà, nessuno può disporre a proprio piacimento/desiderio delle vite degli altri, le donne non si comprano, gli uomini non si sfruttano, i bambini non si fabbricano.
Fonte: Vanity Fair