Maternità surrogata, utero in affitto: chiamata in modo più o meno politicamente corretto si tratta di una pratica nata per “surrogare” la gravidanza di donne che non potevano concepire naturalmente che è in breve diventata un modo per avere figli sempre più diffuso anche per altri motivi: uomini single, coppie gay, donne che non vogliono lo stress di una gravidanza. Ma la nascita di un figlio dovrebbe essere frutto di un gesto d’amore, non il risultato di una produzione biotech sulla base di un  contratto commerciale o di un negozio giuridico che ferisce il bambino e la donna che lo fa crescere nel suo grembo per nove mesi.

Un articolo di Adeline A. Allen pubblicato su Public Discourse. La traduzione è di Annarosa Rossetto.

Neonato

La maternità surrogata è molto presente sui giornali in questi giorni. Il New Jersey e Washington hanno recentemente legalizzato l’utero in affitto a pagamento, mentre una legislazione simile è stata appena respinta a New York . Kim Kardashian e il marito Kanye West hanno dato il benvenuto ad un secondo figlio attraverso la maternità surrogata, e il sindaco Pete Buttigieg e suo “marito” vogliono un figlio, e la maternità surrogata è una delle opzioni.

Le storie di coppie che lottano con il profondo dolore dell’infertilità sono strazianti . Sempre più le coppie di questo tipo si rivolgono alla maternità surrogata. Può sembrare un’opzione interessante, perché la genetica di almeno uno dei genitori può essere trasmessa al bambino. Eppure la maternità surrogata è complicata da una serie di questioni controverse: uguaglianza, femminismo, libertà di scelta, autodeterminazione sul proprio corpo e lotta di classe, per citarne solo alcune.

I genitori che commissionano un figlio attraverso la maternità surrogata certamente lo desiderano. Il desiderio di avere figli è intessuto nella trama del nostro essere e quel desiderio è buono. Molti sostengono che, date le circostanze, visto che questi figli sono stati desiderati e voluti con forza, i bambini nati dalla maternità surrogata saranno profondamente amati e che l’amore farà loro superare qualsiasi altro danno che potrebbero aver subito. I bambini stanno bene. Devono star bene. Sono stati così tanto voluti.

Non metto in dubbio l’amore e la dedizione che questi genitori hanno per i loro figli. Sono piuttosto interessata a come la maternità surrogata influisca sulle altre persone coinvolte nel contratto per l’utero in affitto, vale a dire la madre surrogata (o “portatrice gestazionale”) e il bambino. Ho scritto riguardo alla politiche pubbliche che regolano la maternità surrogata altrove, ma in questo saggio, mi piacerebbe esplorare la sua relazione con l’amore.

Se l’amore vuole il bene dell’amato, come si colloca in questo la maternità surrogata?

La maternità surrogata e l’essere umano

Innanzitutto, facciamo un passo indietro per considerare chi siamo come umani. Oliver O’Donovan fa una convincente argomentazione che ci sia una datità rispetto alla nostra procreazione e alle nostre origini, e che questa datità sia moralmente rilevante. Noi umani siamo (o dovremmo) essere generati, non fatti. Quando noi facciamo un figlio invece di generarlo, lo riduciamo allo stato di un prodotto. Ne diventiamo i realizzatori, quelli con uno status superiore; il bambino è il prodotto, l’inferiore. Quando generiamo un figlio, invece, riceviamo il figlio come un essere umano uguale a noi, un dono. Diventiamo compartecipi della creazione, collaborando con Dio Creatore. Ma quando produciamo un figlio in un laboratorio, manipoliamo il modo in cui nasce. Lo trattiamo come un prodotto di nostro progettazione, come se fosse qualcosa di diverso e ineguale rispetto a noi stessi.

Quali passi sono necessari per far nascere un bambino attraverso la maternità surrogata? In questi giorni, la maternità surrogata gestazionale ha quasi sostituito l’utero in affitto tradizionale. Nella maternità surrogata gestazionale, il bambino è concepito attraverso la fecondazione in vitro (usando il materiale genetico dei genitori committenti, di un donatore o una combinazione di entrambi) e successivamente viene impiantato nell’utero della madre surrogata. Lei quindi porta a termine la gravidanza, dà alla luce il bambino e consegna il bambino ai genitori sociali. Nonostante lo porti in grembo per nove mesi, la madre non ha alcun diritto o responsabilità nei confronti del bambino. Nella maternità surrogata commerciale, i genitori sociali pagano la madre alla nascita per i suoi servizi, tutti concordati con un contratto.

Questi processi sono modellati da una cultura tecnologica che cerca di abolire i vincoli, allargando i limiti di ciò che è possibile fare senza fermarsi a chiedere se dovremmo davvero fare tutto quello che possiamo fare. Questa cultura tecnologica tratta la natura umana e i corpi umani come materia prima, dalla quali deve venir creato o manipolato qualcosa. Questo punto di vista è stato applicato non solo al sesso ma anche alla riproduzione. Se la pillola ha reso possibile il sesso senza figli, la fecondazione in vitro e la maternità surrogata hanno reso possibili i figli senza sesso.

La maternità surrogata e la madre

In cosa consiste, allora, il bene della madre gestazionale, per il suo sviluppo come persona? Nei contratti di maternità surrogata viene definita “la portatrice gestazionale”. Eppure il vivere in prima persona una gravidanza è una faccenda molto importante. Questa realtà è elusa dalla parola “portatrice”.

Infatti, nonostante il bambino sia un essere umano autonomo, egli cresce nel grembo della madre surrogata. C’è una vita condivisa tra i due e un conseguente legame. Per cominciare, durante la gravidanza, ciò che la madre mangia, beve e sperimenta influenza il bambino nell’utero. Un sociologo medico dice : “Se sei incinta di un bambino, sei la madre del bambino che hai in grembo. Fine della discussione. I nutrienti, l’afflusso di sangue, i suoni, il contatto con il corpo. Per quel bambino non è una persona che ne sta sostituendo un’altra. Questa è l’unica madre che il bambino ha.”

A dire il vero, il corredo genetico del bambino (di solito quello dei genitori committenti) è indiscutibilmente importante; è fondamentale per la sua identità. Ma l’epigenetica, una scienza in rapida evoluzione, e lo studio dell’evoluzione fetale ci ha permesso di intravedere il legame che si crea nell’utero. Ad esempio, l’ossitocina, un ormone presente in grandi quantità in gravidanza e rilasciato durante il travaglio e il parto, alla nascita lascia una forte impronta della madre sul bambino e, di conseguenza, del bambino su di lei. Gli scienziati hanno sorprendentemente anche trovato nel cervello delle loro madri del DNA dei figli maschi che potenzialmente potrebbe rimanere lì per tutta la vita. Altri studi hanno osservato un fenomeno simile: la presenza di DNA maschile nel flusso ematico delle madri, fino a ventisette anni dopo la nascita. Un divulgatore scientifico l’ha descritto così: “La connessione tra madre e figlio è sempre più profonda del pensiero.” Questi risultati suggeriscono che un bambino è, letteralmente, una parte della madre molto tempo dopo che lei lo ha portato in grembo e lo ha partorito.

Gli studi sociali confermano ciò che sappiamo dalla scienza. Molte donne si considerano madre di un bambino che hanno portato in grembo, anche se il bambino non è imparentato geneticamente con loro. Il legame gestazionale le lega al bambino, proprio come farebbe un legame genetico. Portare un bambino e farlo crescere nel proprio grembo è essere una madre. Questo non è vero solo nella testa della donna; lei è oggettivamente una madre per quel bambino.

Se amiamo veramente e ci importa di quella donna, dobbiamo onorare questa sua realtà. L’incarnazione di una vita condivisa è importante e testimonia la genitorialità biologica della madre surrogata. Il termine “genitori biologici” nella maternità surrogata dovrebbe includere la “madre portatrice” quanto i genitori genetici.

La maternità non può essere acquistata e venduta

La maternità surrogata considera la gravidanza, il travaglio e il parto come “prestazioni” che la madre surrogata fornisce in cambio del pagamento da parte dei genitori committenti. Ma certe cose non dovrebbero mai essere contrattate: sono troppo sacre.

L’utero e i “servizi gestazionali” di una donna non dovrebbero essere separati da lei come persona, perché la gravidanza o la gestazione sono diverse dagli altri tipi di “lavoro” che le donne svolgono. La maternità è un’identità che arriva nel profondo di una donna. Non è e non deve essere considerata un contratto di lavoro. Una madre surrogata perde una parte di sé stessa quando viene interrotta la sua intima connessione con il bambino, ed è esattamente ciò che la maternità surrogata fa volutamente. Nella maternità surrogata, il bambino è intenzionalmente e contrattualmente separato da una relazione con lei.

Le argomentazioni secondo cui un accordo di maternità surrogata non è altro che un contratto di servizio tralasciano completamente questo punto. Sono anche sinistramente simili alle argomentazioni fatte dai sostenitori della schiavitù del diciannovesimo secolo. Non si occupavano di esseri umani, sostenevano, ma piuttosto di comprare e vendere il lavoro di quegli esseri umani.

L’opposizione alla maternità surrogata ha creato strane alleanza. Vi si oppone la Chiesa cattolica così come alcune femministe. La vietano alcuni paesi europei ricchi e progressisti, così come alcuni paesi asiatici poveri e conservatori. Una cosa in comune che hanno è il riconoscimento che trattare la gestante come “portatrice” è una visione riduttiva di tutta la sua persona. È umiliante e disumanizzante. La donna è ridotta da una persona completa ad un prodotto: un utero da affittare, una merce. La maternità surrogata sfrutta la madre portatrice trattandola come un oggetto e mercificandola. Jennifer Lahl, presidente del Center for Bioethics and Culture, ha giustamente osservato : “Le donne non sono solo contenitori vuoti. L’utero non è a disposizione. . . Le donne non sono fattrici.”

Se la maternità surrogata è umiliante e disumanizzante per la madre gestazionale, trattandola come un oggetto e riducendola a merce, la maternità surrogata non è per il suo bene. Non contribuisce al suo sviluppo come essere umano. Queste donne non sono rispettate dalla maternità surrogata.

La maternità surrogata e il bambino

E per quanto al bambino, in cosa consiste il suo bene, per il suo sviluppo umano?

La produzione di bambini tramite fecondazione in vitro e la maternità surrogata li mercifica. Pone anche la nostra cultura su un pendio scivoloso verso l’eugenetica. Infatti, se i bambini sono comunque da produrre, perché non produrli con caratteristiche e specifiche desiderabili? Perché non produrre bambini che sono più, non meno, perfetti? Con il successo nel modificare il codice genetico degli embrioni umani da parte di scienziati statunitensi nel 2017 e dello scienziato cinese He Jiankui nel 2018 — i cui soggetti erano due gemelline nate in Cina — questo ora è possibile. La tecnologia viene di solito presentata come sviluppata per la prevenzione delle malattie genetiche, così come nel caso delle gemelline di He Jiankui. Ma è, a dire la verità, alle stesso modo disponibile per la produzione di “bambini su misura”.

Non sorprende quindi che gli ovuli delle donatrici, a volte utilizzate nella maternità surrogata, abbiano prezzi diversi. Gli ovuli di donatrice che ha studiato alla Ivy League (così vengono chiamate le otto più prestigiose università private degli Stati Uniti d’America, n.d.t.)  sul mercato hanno un prezzo maggiore, così come gli ovuli di una donna bionda, o di una che suona il violoncello, o di una laureata. Il figlio, come l’utero, diventa una merce.

Inoltre, se il bambino lascia un segno profondo nella madre portatrice durante il periodo di vita condiviso nella gravidanza, nel travaglio e nel parto, anche la madre surrogata si imprime per sempre nel bambino. Se parte di ciò che siamo come esseri umani è la nostra memoria – inclusa la nostra memoria epigenetica , che si manifesta nei nostri corpi fisici – cosa nega al bambino l’utero in affitto nel privarlo di sua madre?

I genitali di una persona gli ricordano i propri figli e l’ombelico gli ricorda i propri antenati, osserva Leon Kass . L’ombelico del bambino gli ricorda che deve la sua vita alla madre gestazionale. Per il bambino nato da maternità surrogata, c’è solo una nostalgia al posto del ricordo della sua madre “gestazionale”. Sarà sempre una sconosciuta per lui.

C’è anche la questione del forte stress che il neonato subisce quando viene allontanato dalla madre “portatrice”, insieme alla privazione del suo latte materno. Nella maternità surrogata, i legami più ancestrali e più forti che si formano tra un bambino e sua madre sono, in modo programmato da contratto, recisi, ignorati e resi irrilevanti. Ma queste sono questioni relative all’identità, alle origini e al benessere del bambino. Non dovrebbero essere eliminate intenzionalmente.

La ricerca ha dimostrato che i bambini che scoprono di essere stati concepiti tramite maternità surrogata spesso iniziano a mostrare problemi di adattamento intorno all’età di sette anni. Pur non essendo questi problemi classificabili come un disturbo psicologico, l’insorgenza di problemi di adattamento all’età di sette anni è interessante, poiché coincide con l’età in cui i bambini iniziano a dare un senso al concetto di eredità biologica. I risultati suggeriscono che l’assenza di un legame gestazionale tra madre “portatrice” e figlio è dannosa per il bambino.

La fecondazione in vitro e la maternità surrogata introducono ciò che non è mai stato fatto prima: “dividere in due la ‘madre biologica’ del bambino”: la madre genetica e la madre “gestazionale”. Questa frammentazione a sua volta frammenta il bambino e lo ferisce: non può essere cresciuto, conosciuto e amato dai suoi genitori biologici (i suoi genitori genetici la madre gestazionale).

Se la maternità surrogata è dannosa per il bambino, riducendolo a un prodotto e disumanizzandolo, la maternità surrogata non è per il suo bene, non è per il suo sviluppo umano. Se l’amore vuole il bene dell’amato, non amiamo davvero questi bambini usando la maternità surrogata. L’idea che il legame tra madre gestazionale e figlio conti poco è riduzionista e materialista. Nonostante il grande amore dei loro genitori committenti, i bambini non stanno davvero bene. Dobbiamo loro qualcosa di più di questo.

La maternità surrogata e lo sviluppo umano

La maternità surrogata non è orientata al bene delle madri e dei bambini. Mentre il desiderio di avere figli è naturale, profondo e buono e non riuscirne ad avere può  essere una delusione profonda e dolorosa, questo desiderio deve essere soppesato rispetto ai costi della maternità surrogata.

Voler avere figli non significa che abbiamo il diritto di avere figli. Se avere figli è un diritto, allora i figli ci sono dovuti. Se ne abbiamo diritto, dovremmo poterceli procurare con ogni mezzo necessario. La nuova tendenza della maternità surrogata sociale, per quanto orribile, è solo un logico passo successivo.

Dobbiamo respingere questo argomento, poiché le sue premesse sono profondamente viziate e i suoi risultati sono devastanti. L’utero in affitto è disumanizzante sia per la madre che per il bambino, perché sostanzialmente li riduce a prodotti di consumo. Su progetto, nega a madre e figlio ciò di cui hanno bisogno per un loro pieno sviluppo umano. Questa è la verità, anche quando i genitori committenti hanno le migliori intenzioni. Questi danni sono insiti nella maternità surrogata.

Lo Stato di New York va lodato per non aver permesso l’utero in affitto commerciale nel suo territorio. Altri Stati dovrebbero seguirne l’esempio.

Adeline A. Allen è professore associato di diritto alla Trinity Law School.

By Annarosa Rossetto

La nascita di un figlio dovrebbe essere frutto di un gesto d’amore, non il risultato di una produzione biotech contrattualizzata